sabato 10 settembre 2011

Se parto, e succede qualcosa, io manco.

È solo una delle innumerevoli perline contenute nel libro Momenti di trascurabile felicità di Francesco Piccolo, Einaudi 2010.
Si tratta di un libriccino di sole 134 pagine che ho cominciato ad apprezzare dalla copertina: un ragazzino di spalle, in bianco e nero, che salta come si fa solo quando si è piccoli, scomposti, con le gambe e le braccia che vanno per conto proprio senza preoccuparsi dell'aderenza al corpo o di cosa penseranno gli altri vedendoci in aria, su un fondo perfettamente bianco; titolo in rosso, autore in nero. Già una piccola perfezione nella sua semplicità rispetto a tutti quei libri, magari stupendi, che hanno sulle copertine opere d'arte coloratissime contemporanee o classici del Rinascimento: se ho voglia di andare a vedere una mostra di pittura esco e vado al museo, non in libreria.
Il mio compiacimento non è stato deluso dal contenuto. Ammetto che già ne avevo avuto un piccolo assaggio durante l'intervista all'autore nella trasmissione di Fabio Fazio Che tempo che fa, ma, per un motivo o per l'altro, non l'avevo mai preso. Le poche righe lette in trasmissione mi erano piaciute, mi avevano fatto sorridere, ma tutto qui. In realtà temevo che si trattasse di un minuscolo ricettacolo di banalità il cui unico fine era strappare una risata, da far diventare aneddoti carini da raccontare quando non ti vengono in mente le barzellette (che chissà perchè si debba sempre raccontare delle barzellette, soprattutto se si è con degli sconosciuti). La lettura mi ha piacevolmente sorpresa: non è una raccolta di quel genere, assolutamente.
Non posso dire che sia paragonabile ad un romanzo, è ovvio che non era questa l'intenzione dell'autore, ma è paragonabile al quadretto di cioccolata che ci si concede al termine del pasto secondo me: dolce, ma non stucchevole, gratificante, ma che non ti fa sentire in colpa (è ricco di antiossidanti, e poi non fa ingrassare!), piacevole, ma che non regge il confronto con il pasto principale. Questo libro è così. Un quadretto di cioccolato perchè si è stati buoni e ci si deve premiare in qualche modo.
Nei vari episodi snocciolati dall'autore ci si riconosce (più spesso di quanto nn ci si aspetterebbe), ci si rivede in scene analoghe o identiche, si sorride, a volte si riflette. È positivo e non per forza politically correct e questa sincerità, che spesso noi non ci concediamo perchè sarebbe pioù bello poter dire quello che va detto, funge da sgrassatore per tutte quelle patine di buonismo che ci si appiccicano addosso durante la giornata e la vita.
Sicuramente da far rientrare tra i momenti di trascurabile felicità.

Xoxo

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